Acclamato dalla critica d’oltremanica come il vero vincitore del Booker Prize 2012, A nuoto verso casa (Garzanti, traduzione di Stefania Cherchi, pp. 143, 16,40 euro) si apre in una giornata afosa e assolata, in una villa nel Sud della Francia. Nina è un’adolescente come tante, in vacanza con il padre, Joe, un poeta scapestrato e la madre, Isabel, una donna che ha messo il lavoro di giornalista al primo posto, da anni. La quiete fittizia, amplificata dal languido scenario, viene interrotta dall’apparizione di un corpo in piscina: un qualcosa di indefinito ma ingombrante, quasi minaccioso. La curiosità degli astanti si trasforma in stupore quando quell’ammasso inanimato prende vita e si rivela essere una donna, giovane e bella: Kitty Finch.
La tensione, che caratterizza l’intera narrazione, si percepisce fin dalle prime pagine. La presenza della misteriosa ragazza, una squilibrata dalle aspirazioni pseudo-letterarie, invaghita del padre di Nina, risveglia sentimenti contrastanti – attrae e ripugna – esercitando un sortilegio nefasto su tutti gli abitanti della villa. Complice la prosa di Deborah Levy, elegante e incisiva, A nuoto verso casa si rivelerà carico di impressioni sfuggevoli, di quella dualità di eros e thanatos tipica delle tragedie greche.
Che qualcosa o qualcuno, prima della fine del romanzo, sia destinato a rompersi, spaccarsi, rivelando una fragilità interiore da tempo sopita, è chiaro al lettore, che si troverà a essere mero spettatore di un dramma annunciato. Un libro breve, amaro e godibile, da sorseggiare in un pomeriggio caldo d’estate. Se non si ha paura di affrontare i segreti taciuti da anni.