«Consigliami tu, – gli dico nei giorni convulsi della fiera. – Vorrei leggere un graphic novel».
Mi fissa negli occhi come a sondare le mie esigenze di lettrice. Ci conosciamo da tempo, anche se ci vediamo sì e no una volta l’anno; ha imparato i miei gusti, sa di quali storie mi nutro. Infatti è un attimo, comincia subito a muoversi tra i banchetti dello stand, sicuro. Lo seguo, curiosa di vedere quale volume sceglierà.
«È uscito da qualche anno, ma se non l’hai letto devi rimediare subito, – mi dice, arrossendo timidamente. – È una storia struggente, tristissima».
È così che sono approdata a Paul Hornschemeier, o forse è così che – in qualche modo – il suo libro è arrivato tra le mie mani. Di matrice autobiografica, inclusa nella lista del Times come una delle dieci migliori storie del 2004, Mamma, torna a casa (Tunué, traduzione di Andrea Plazzi, pp. 128, 16,90 euro) è un’intensa vicenda a fumetti. Narra di un’assenza: Thomas è un bambino, ha appena perso la madre; il padre, distrutto dalla scomparsa della persona amata, sta scivolando sempre più velocemente in uno stato di depressione al limite della follia.
Le vignette cupe (che ben rappresentano il delirio del padre di Thomas) si alternano alla descrizione di ciò che avviene subito dopo la morte della donna, mostrando la nuova vita familiare che il piccolo dovrà affrontare. Così gli zii assumono le sembianze di una buffa – e inquietante – coppia formata da un gatto e un uccello, mentre il bambino stesso si ritroverà a indossare una maschera a forma di tigre (un regalo della madre) per sfidare la vita di tutti i giorni e provare a salvare chi ancora, forse, può essere salvato.
È così che sono approdata a Paul Hornschemeier, o forse è così che – in qualche modo – il suo libro è arrivato tra le mie mani. Di matrice autobiografica, inclusa nella lista del Times come una delle dieci migliori storie del 2004, Mamma, torna a casa (Tunué, traduzione di Andrea Plazzi, pp. 128, 16,90 euro) è un’intensa vicenda a fumetti.
In quest’ultimo anno e mezzo in cui la vita mi ha spinto verso diverse letture sul tema della perdita, sono arrivata a formulare una riflessione. Il lutto non viene elaborato: è una condizione. Siamo chi abbiamo perso. E se la letteratura ha una funzione – non solo soddisfare il «nostro bisogno di consolazione», per dirla con Dagerman, ma farci sentire meno soli nel dolore, compresi da altri esseri umani –, allora Mamma, torna a casa si impone, a forza, come una narrazione imprescindibile.
Maneggiare una materia incandescente, profondamente umana – la vita, la morte, il dolore – e scegliere le parole, le frasi, i tratti, i colori più adatti per dare un nome (e un volto) alle cose: perché se si guarda la Medusa negli occhi si ha meno paura.
Il lutto non viene elaborato: è una condizione. Siamo chi abbiamo perso. E se la letteratura ha una funzione – non solo soddisfare il «nostro bisogno di consolazione», per dirla con Dagerman, ma farci sentire meno soli nel dolore, compresi da altri esseri umani –, allora Mamma, torna a casa si impone, a forza, come una narrazione imprescindibile.
E allora è con trepidazione che aspetto l’imminente uscita di La vita con Mr Dangerous, il nuovo graphic di Hornschemeier. Come chi attende un amico che non vede da tanto tempo, un amico che avrà molto da raccontargli. Come qualcuno che, di quel racconto, non potrà fare a meno di riconoscersi protagonista.