Abbracciati, ma distanti. Lo sguardo perso di chi ha già intrapreso, inconsapevolmente, strade divergenti. Chi sono questi due giovani? Qual è la loro storia? Lo abbiamo chiesto all’autrice, Nadia Terranova, già affermata scrittrice di libri per bambini e ragazzi, qui al suo esordio nel mondo della narrativa tout court con il romanzo Gli anni al contrario (Einaudi, pagg. 152, 16 euro).
Aurora Silini e Giovanni Santatorre, ventenni del ’77, si incontrano sui banchi della facoltà di Filosofia. Stanno cercando il loro posto del mondo, fuoriescono dalle rispettive famiglie, da partiti che non li soddisfano, incrociano compagni più o meno rivoluzionari e libri che cambiano le loro visioni del mondo. Avvertono, dalla città di provincia sul mare dove vivono, la sensazione di poter toccare la Storia, come da Messina sembra di poter afferrare l’Italia, la punta dello Stivale che nei giorni di Fata Morgana, come per magia, appare vicinissima.
Aurora e Giovanni. Così diversi eppure accomunati dalla volontà di allontanamento rispetto alle famiglie di origine. Dal fascistissimo e dall’avvocato comunista, ma non troppo. Si sarebbero trovati, questi due ragazzi, oggi? O la loro storia sarebbe potuta accadere solo negli anni Settanta?
Il modo in cui la Storia li urta e li attraversa li fa appartenere inevitabilmente a quel decennio, che si chiude con la caduta del Muro, ma la claustrofobia e il bisogno di amore (nonché l’incapacità di comunicarlo) di cui sono portatori possono parlare anche dell’oggi.
Aurora Silini e Giovanni Santatorre, ventenni del ’77, si incontrano sui banchi della facoltà di Filosofia. Stanno cercando il loro posto del mondo, fuoriescono dalle rispettive famiglie, da partiti che non li soddisfano, incrociano compagni più o meno rivoluzionari e libri che cambiano le loro visioni del mondo.
La nascita della figlia Mara segna un punto di svolta nella vita dei protagonisti. All’inizio li divide, ma, con il procedere della narrazione, sembra diventare il collante del rapporto tra Aurora e Giovanni.
Li divide già dal nome, Mara Cagol per lui e ragazza di Bube per lei, e subito è lui a volerla, a immaginare che sia femmina, mentre lei fatica a trovare l’istinto materno. Poi le cose si ribaltano, ed è lei a tirarla su mentre lui si perde dietro troppi sogni, e troppo confusi, ma è di nuovo con il padre che Mara, crescendo, costruisce un rapporto a distanza.
Il romanzo si apre nel 1977. Lei è nata un anno dopo. Quanto c’è di suo negli occhi di Mara, la picciridda del romanzo?
Facciamo tutti, nella nostra infanzia, quel gesto apparentemente passivo e molto inquietante che suggerisce Vittorio De Sica: “I bambini ci guardano”. E poi, da grandi, tiriamo le somme (e le ritiriamo, di continuo, mai una volta per tutte).
Gli anni al contrario sta avendo un buon riscontro e la sensazione è che, forse, la storia di questi due giovani non sia poi così distante dalla nostra. Malinconia del passato o affinità con il presente?
Affinità credo di no. Spero in una nostalgia che sveli qualche vuoto nel presente e se ne faccia, almeno in parte, riparatrice.
Facciamo tutti, nella nostra infanzia, quel gesto apparentemente passivo e molto inquietante che suggerisce Vittorio De Sica: “I bambini ci guardano”. E poi, da grandi, tiriamo le somme (e le ritiriamo, di continuo, mai una volta per tutte).
Ritornerà alla narrativa per ragazzi o continuerà su una strada diversa, intrapresa con questo suo primo romanzo?
Scriverò per entrambi, come ho sempre fatto. Il prossimo romanzo per ragazzi dovrebbe uscire prima dell’estate e sto raccogliendo le idee per il nuovo destinato ai cosiddetti grandi; per “Gli anni al contrario” ho impiegato quasi un decennio di scrittura, spero di metterci un po’ meno.