Il tempo, il ricordo, la perdita. Sono queste le tematiche ricorrenti affrontate nelle opere di Patrick Modiano, scrittore francese pressoché sconosciuto al pubblico italiano, fino alla vittoria, pochi giorni fa, del Premio Nobel. Nel caffè della gioventù perduta (Einaudi, traduzione di Irene Babboni, pp. 117, 13 euro), pubblicato in Francia nel 2007, non fa eccezione. In un tempo non definito, dove passato e presente si fondono, l’autore conduce il lettore in un non luogo, un ricordo della memoria, fulcro delle vicende narrate.
È Le Condé, un piccolo caffè, un punto di ritrovo per quella che Modiano – e prima di lui Debord – definisce la gioventù perduta: un insieme di anime eteree che, come falene attirate dalla luce, si ritroveranno a gravitare e ad ancorarsi al locale parigino situato nel suggestivo Quartiere Latino.
Il tempo, il ricordo, la perdita. Sono queste le tematiche ricorrenti affrontate nelle opere di Patrick Modiano, scrittore francese pressoché sconosciuto al pubblico italiano, fino alla vittoria, pochi giorni fa, del Premio Nobel. Nel caffè della gioventù perduta, pubblicato in Francia nel 2007, non fa eccezione.
Il romanzo è caratterizzato da una prosa lineare, arricchita da evocative descrizioni di Parigi, una città tratteggiata minuziosamente, un dedalo intricato e sfuggevole restituito attraverso la ricostruzione di una toponomastica puntuale. Nomi di vie e viuzze, strade, piazze, incroci: è tutto ben identificato in questo romanzo di Modiano.
Eppure, per l’intero corso della narrazione, si verrà accompagnati da un senso di stordimento, di ipnosi. I personaggi, che si muoveranno sullo sfondo di una Ville Lumière enigmatica ed estraniante, amplificheranno questa sensazione nell’animo del lettore. Come tasselli, le voci presenti nel testo, andranno a comporre una storia ripresa da più angolazioni, delineando il profilo di una donna, Louki, figura centrale nel romanzo. Una ragazza sfuggente il cui destino sarà compreso dal lettore parola dopo parola, capitolo dopo capitolo, in un susseguirsi alternato di voci maschili che proveranno a ritrovarla, starle accanto, ingabbiarla o amarla.
Eppure, per l’intero corso della narrazione, si verrà accompagnati da un senso di stordimento, di ipnosi. I personaggi, che si muoveranno sullo sfondo di una Ville Lumière enigmatica ed estraniante, amplificheranno questa sensazione nell’animo del lettore. Come tasselli, le voci presenti nel testo, andranno a comporre una storia ripresa da più angolazioni.
Si ritrova, nelle pagine scritte da Patrick Modiano, quell’atmosfera tipica dei film della Nouvelle Vague: quell’immediatezza del divenire, quell’Eterno presente e una città, Parigi, che accoglie e ipnotizza giovani alla deriva, dalle vite bruciate, dei quali sappiamo pochissimo, se non qualche scarno dettaglio su un’infanzia da dimenticare.
In questo ciclo narrativo continuo, nel quale le coordinate spaziali sembrano fagocitare quelle temporali, nulla sembra destinato a interrompersi, mutando nel perpetuo vagabondare dei personaggi delineati dalla penna di Modiano. Se non fosse per Louki che, infelice anima senza radici, porrà la parola fine ai sogni e alla speranze della gioventù perduta.