La vedo felice, Signorina. Mi dica la verità: va in vacanza? Sorrido scuotendo la testa: No, in realtà torno a casa. Ma è stata una settimana meravigliosa. Sì, l’avevo scritto in faccia. E sì, ve lo assicuro, è successo veramente. Ero sul taxi che mi avrebbe portato in stazione per ritornare nella mia città di mare e il simpatico autista – torinese doc – non ha potuto fare a meno di notare la mia espressione radiosa. Insomma, come direbbe il caro Vonnegut, Quando siete felici fateci caso e, devo ammetterlo, questi giorni nel capoluogo piemontese mi hanno riempito di positività.
La vedo felice, Signorina. Mi dica la verità: va in vacanza? Sorrido scuotendo la testa: No, in realtà torno a casa. Ma è stata una settimana meravigliosa.
Come forse avrete già letto in un non meno delirante post su Facebook, sono arrivata venerdì nel tardo pomeriggio, appena in tempo per assistere alla presentazione della nuova antologia targata minimum fax, L’età della febbre. Durante l’incontro, magistralmente moderato da Christian Raimo e Alessandro Gazoia, gli scrittori presenti hanno raccontato la genesi delle undici gemme che compongono l’ambizioso testo, che cerca di indagare e restituire il quadro di un’epoca – la nostra – sempre più indecifrabile.
E qui, perdonatemi, devo necessariamente aprire una parentesi. Ho sempre nutrito un’ostinata diffidenza nei confronti dei racconti. Ho provato e riprovato, negli anni, ma la sensazione, a fine lettura, era sempre la stessa: un fastidioso senso di incompletezza, di caducità, di effimero. Allora, mi direte: cos’è cambiato? Niente. O, forse, più semplicemente, sono cambiata io. Il groviglio di sentimenti sopracitati ha lasciato il posto a una nuova consapevolezza che mi permette di assaporare a pieno la bellezza racchiusa nelle poche pagine che caratterizzano questa forma narrativa.
La ricerca di perfezione e tensione propria del racconto è stato anche uno degli obiettivi del processo creativo che ha portato alla realizzazione de L’appartamento, quinto tassello dell’innovativa collana di narrativa Tunué, presentato sabato mattina. L’autore Mario Capello ha dialogato con lo scrittore Marco Peano. Due artigiani della parola che – se non lo hanno già fatto – vi conquisteranno sicuramente.
La giornata di domenica è stata un susseguirsi di momenti da ricordare: il binomio perfetto Domenico Starnone/Marco Peano, l’incredibile possibilità di ascoltare uno scrittore del calibro di Ngugi wa Thiong’o (qui devo ringraziare il mitico Bot per la soffiata) ed infine lo splendido incontro – moderato da Diego De Silva – con Evelina Santangelo, Valeria Parrella e Domenico Starnone al quale sono riuscita – con somma soddisfazione e un pizzico di imbarazzo – a strappare un autografo tra una conferenza e l’altra. Il gran finale del mio SalTo15 ha avuto come protagonista Roberto Vecchioni. Mi sono intrufolata nella Sala gialla quando le luci erano già state spente e si percepiva un’aria carica di emozione. Odi et amo. Amori e addii nel mondo classico: ho ascoltato rapita ed estasiata, il professore-cantante parlare di amore, scoperta, corpi che si desiderano e si incontrano; rievocando nomi di poeti greci e latini – Archiloco, Alceo, Saffo, Catullo, per citarne alcuni – che mi riportavano indietro negli anni, sui banchi di scuola.
Una volta uscita dalla sala, ad incontro terminato, mi continuavo a chiedere, quasi ossessivamente, se avessi davvero studiato quegli stessi autori. Perché, nella mia memoria, quei nomi erano ricollegati a sterminate traduzioni da mandare a memoria e a interrogazioni a sorpresa, possibilmente con domande subdole. (Se ve lo state domandando no, non ho un bel ricordo delle superiori). Aneddoti personali a parte, sono tornata a casa con la sicurezza che se la letteratura antica fosse proposta con questa passione e questo linguaggio universalmente fruibile, tutti sarebbero in grado di apprezzarne l’estrema attualità.
La giornata di domenica è stata un susseguirsi di momenti da ricordare: il binomio perfetto Domenico Starnone/Marco Peano, l’incredibile possibilità di ascoltare uno scrittore del calibro di Ngugi wa Thiong’o (qui devo ringraziare il mitico Bot per la soffiata) ed infine lo splendido incontro – moderato da Diego De Silva – con Evelina Santangelo, Valeria Parrella e Domenico Starnone al quale sono riuscita – con somma soddisfazione e un pizzico di imbarazzo – a strappare un autografo tra una conferenza e l’altra.
Senza perderci ulteriormente, come potrei riassumere in poche parole questa esperienza? La risposta, precisa e puntuale, arriverebbe dal titolo di una delle numerose raccolte di racconti che accompagneranno le mie letture future: Le persone, soltanto le persone. Sono stati gli incontri il vero bottino di questo Salone. Sono state le persone che ho avuto l’occasione di conoscere e con cui ho avuto il piacere di parlare. E, in alcuni casi, di poter dare loro un volto, una voce. Quindi, un grazie speciale va alla mia instancabile compagna di viaggio Diana, ad Andrea, Beatrice, Ilenia, Maria e Simone. E ancora al vulcanico duo formato da Maria Anna e Maria.