E se i milanesi non esistessero? La prima, vaga, impressione che confermava questa ipotesi l’ho avuta durante gli anni dell’università. Quando, dalla mia città di mare, ho deciso di trasferirmi nel capoluogo lombardo. E poi in seguito ne ho avuto la certezza, rafforzata da questi assurdi mesi di #vitadapendolare. Su e giù da un treno, a rincorrere parole. Ma quello che è più vero è che Milano non è Milano – come direbbe Aldo Nove – ma un groviglio di storie e di intrecci. Di chi è arrivato, di chi se ne è andato, di chi l’ha amata, odiata, raccontata. Michele Turazzi, come ogni vero milanese, non è di Milano. Ed è forse per questo che la sua guida letteraria alla città – Milano di carta (Il Palindromo, pp.168, euro 15) – restituisce tutta la bellezza di chi, questa città piena di meravigliose contraddizioni, l’ha dovuta conquistare.
Quando e come hai capito che il modo giusto per raccontare Milano era vederla con gli occhi della scrittura?
Da quando sono arrivato a Milano, tredici anni fa, la mia vita è sempre ruotata intorno ai libri, prima all’università poi per lavoro. È stato quindi naturale guardare la città dalla prospettiva delle pagine scritte, e lo è stato fin dall’inizio. Uno dei primi romanzi milanesi che ho letto, quando ero qui da solo pochi mesi, è stato Uomini e no: Vittorini nomina moltissime vie, con una precisione degna di uno stradario Michelin, e il suo protagonista – Enne 2 – corre in bicicletta da una parte all’altra della città; io leggevo e cercavo sulla cartina quali fossero le strade di cui si parlava, i percorsi compiuti dai diversi personaggi. Ecco, diciamo che da allora non ho mai smesso di divertirmi a intrecciare letteratura e topografia.
Milano di carta è un progetto che ci aiuta a percorrere tutte le Milano possibili: dalla Brera bohémien di Bianciardi, ai caffè preferiti di Hemingway, fino ai Navigli di Merini. C’è una ricca bibliografia alla fine del volume. Come hai bilanciato il lavoro districandoti tra le pagine della biblioteca Sormani e le vie della città?
Ogni capitolo segue un autore, un percorso e un’epoca storica. Si tratta di uno schema che, per quanto lasci spazio a numerose digressioni, mi ha aiutato a elaborare una metodologia di lavoro costante. Una volta selezionato lo scrittore, isolavo nei suoi libri quei passaggi in cui Milano usciva con più forza, come un vero personaggio tra i personaggi. Poi uscivo di casa e andavo alla ricerca dei luoghi raccontati, tentando di unire quelle che erano semplici citazioni in un percorso coerente, con un inizio e una fine. Mentre camminavo per la città, cercavo di guardarla con occhi vergini, come se fossi capitato qui per la prima volta, e prendevo appunti su quello che vedevo, sulle differenze tra ciò che esiste oggi e ciò che avevo letto. Lo facevo in modo molto libero, senza sapere se le mie annotazioni sarebbero servite. Soltanto a quel punto entrava in gioco la Sormani: mi sedevo in biblioteca e leggevo biografie, articoli di critica letteraria, libri di memorie, saggi storici, guardavo fotografie d’epoca… tutto poteva essere utile. Nonostante questo lavoro di ricerca, però, ho cercato di non perdere lo spirito iniziale, quello di una passeggiata tra amici. Era la città che mi interessava raccontare.
Questo libro è a tutti gli effetti una guida-scrigno imperdibile per i bibliofili, non c’è dubbio. Arrivati all’ultima pagina, dopo aver camminato fianco a fianco con i più grandi scrittori del Novecento, anche chi non ama Milano – da sempre definita sbrigativamente come fredda e ostile – dovrà ricredersi. Ma qual è il tuo luogo della città (letterario e non) che ti fa davvero sentire a casa?
Più che un luogo c’è un’intera zona: è quell’ampia mezzaluna che parte da Lambrate e arriva a Isola, passando per Porta Venezia, e che comprende più o meno tutti gli appartamenti in cui ho abitato in questi anni. Se devo pensare a un luogo in particolare, però, dico piazza Duca d’Aosta, quella della Stazione Centrale, che per me è sempre stata un simbolo di ritorni più che di partenze: smontare dal treno, scendere le scalinate e trovarmi di fronte al Pirellone mi fa ogni volta pensare: “Eccomi, sono di nuovo a casa”. Tra i luoghi letterari, invece, un posto d’onore spetta alla Torre Velasca, quel «torracchione» – come lo avrebbe chiamato Bianciardi – attorno a cui svolazzano le «belle streghine» disegnate da Buzzati in Poema a Fumetti, e che nei miei ricordi sbuca negli angoli più inaspettati sopra i chiostri dell’Università Statale.
Chiudiamo con la famosa bonus track: uno scrittore e un luogo che per qualche ragione hai dovuto lasciar fuori dalle tue pagine, ma che vuoi raccontare qui, su Nuvole.
Quando ho iniziato a pensare a Milano di carta, tra gli autori selezionati c’era Elio Pagliarani, un altro di quegli scrittori che leggevo con una cartina in mano quando ero da poco arrivato in città. Il suo poemetto La ragazza Carla è uno dei testi più belli mai dedicati a Milano: sono soltanto poche pagine, ma di una densità stilistica e tematica stupefacente. Il respiro narrativo è quello dei grandi romanzi, e ne esce con forza l’atmosfera elettrica di una città che iniziava ad alzare la testa dopo gli stenti del Dopoguerra. Avevo anche immaginato il percorso da seguire: dalla «trasversa di viale Ripamonti», oltre il ponte della ferrovia, dove Carla abitava con la famiglia, fino a Porta Romana. Più o meno questo:
Quei bambini sul ponte mentre fanno
una festa dolorosa a un animale c’è il fumo che li assale,
a San Luigi sono i ladri che ci stanno, via Brembo è una fetta di campagna, peggio,
una campagna offesa da detriti, lavori a mezzo, non più verde e non ancora
piattaforma cittadina; meglio il fumo sul ponte che scompare
col merci, via Toscana, piazzale Lodi con un poco
d’alberi e grandi chioschi di benzina, dove fischia un garzone bela tusa
e un altro stona ha fatto più battaglie la mia sottana – uno stornello di Porta Romana –
ma è un uomo sciupato, che porta
un cane a passeggio.
Tra l’altro, via Brembo, la «campagna offesa dai detriti» di cui parla Pagliarani, è la strada dove oggi svetta la Fondazione Prada con la sua torre d’oro, uno di quei contrasti tra il presente e il passato che mi interessava raccontare in Milano di carta. Alla fine, per esigenze narrative, ho dovuto accantonare Pagliarani, accontentandomi di un semplice accenno. Per giustificare questa scelta, mi sono detto che qualcosa bisognava pur lasciarlo per il sequel…
APPUNTAMENTO A BOOKPRIDE: Il 24 marzo, alle ore 18, presso Base Milano, Michele Turazzi dialogherà Fabio Deotto. Tra itinerari veri e immaginari.